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Shadows and memories

Elves in the Woody End, by Ted Nasmith

Perchè dovremmo parlare di elfi nel XXI° secolo?

Perché se ne sono andati.

Perchè sono quella parte immortale di sé che gli uomini hanno perduto con la Caduta: sono l’arte e la scienza puri, senza desiderio di potere, sono il legame col mondo e la natura senza volontà di sfruttamento. Sono l’amore per il creato, lo specchio che riflette una parte della Luce primordiale prima che il Buio la corrompesse.

Perché ci danno un po’ di speranza.

Perché loro, immortali, sono la pietra miliare per comprendere e accettare la nostra mortalità come un dono.

Perché ci fanno capire come ci stanchiamo facilmente, troppo facilmente, del bene e della pace.

Gli elfi sono l’esperimento narrativo e subcreativo che Tolkien ha ideato per riflettere sul nostro posto nel mondo.

Magari, leggendo di elfi e di fiabe, potremmo trovare ristoro, consolazione e evasione

Ristoro, per vedere le cose con occhi nuovi. Consolazione, perché mito e fiabe, con il loro lieto fine (Eucatastrofe) ci fanno intravedere un po’ di luce e di speranza oltre il mondo.

Evasione, perché con esse, per un po’, dimentichiamo le pene di questa terra e, a volte, dimentichiamo addirittura la morte.

Ma il mito non parla con questo linguaggio allegorico. Tolkien odiava la allegoria. Il mito narra storie di terre e foreste, di sole e di luna, di draghi e di troll. Storie concrete di interi mondi con “l’intima consistenza della realtà”. Perché il mito è “vero”.

Esso parla di fatti eterni col linguaggio primordiale, che ancora racchiude ogni significato in una sola parola. Non concepisce la allegoria che la mente umana ha inventato solo a posteriori.

Per Tolkien la Storia è una progressiva caduta, un allontanamento dalla Luce dell’inizio, che si rifrange e si scheggia sempre di più nel tempo.

L’allontanamento degli elfi è la perdita di un pezzo di luce.

Ma qualcosa rimane.

Non tutti gli elfi sono partiti. Alcuni di essi non hanno voluto lasciare la terra di mezzo e nei millenni il loro spirito ha logorato il corpo facendoli…sbiadire e lasciandoli vagare nel mondo come ombre e ricordi (shadows and memories).

Se vogliamo vederla così, questi elfi (i persistenti come li chiama Tolkien, Lingerers) hanno dato origine al folklore, alle storie e alle leggende di spiritelli, fate e creature fantastiche. Al piccolo popolo.

È probabile che vivano nei boschi, alla luce delle stelle, lontano da sguardi umani.

Sono lo spirito della fantasia, che parla ancora a chi è in grado di ascoltare il suo messaggio e che ancora ci ricorda da dove veniamo e cosa possiamo perdere.

“In tempi successivi, quando, a cagione del trionfo di Morgoth, Elfi e Uomini si estraniarono, cosa che sommamente quegli bramava, coloro della razza elfica che ancora vivevano nella Terra-di-mezzo declinarono e languirono, e gli Uomini usurparono la luce del sole. Allora i Quendi migrarono nei luoghi solitari delle grandi terre e isole e si affezionarono al lume di luna e stelle, ai boschi e alle caverne, divenendo quali ombre e memorie, salvo coloro che ogni tanto facevano vela per l’Occidente e sparivano dalla Terra-di-mezzo. Ma, all’alba degli anni, Elfi e Uomini erano alleati e si consideravano consanguinei, e vi fu tra gli Uomini chi apprese la sapienza degli Eldar e divenne grande e valente tra i capitani dei Noldor”

Il Silmarillion

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Di Dott. Gabriele Bernardini

Biologo, nutrizionista, toscano

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