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Alimentazione e salute

Sindrome dell’intestino irritabile

“E’ lo stress, si rilassi”. Ce lo siamo sentiti dire tante di quelle volte che ormai ci sembra normale dover sopportare questo disturbo intestinale.

La sindrome dell’intestino irritabile, IBS (e non colite perchè non c’è nulla di macroscopicamente infiammatorio in questa sindrome) è un disturbo funzionale che colpisce (i dati sono quelli di oltreoceano e del Regno Unito) circa il 4,6% della popolazione, sopratutto donne giovani (sotto i 50 anni) che rinuncerebbero ad anni di vita (così pare indicare un sondaggio effettuato) pur di trovare un farmaco, anche un po’ pericoloso, che però risolva la qualità della loro esistenza di fronte a un problema che spesso è invalidante. Inoltre l’IBS è un onere enorme per i sitemi sanitari di tutto il mondo.

A gennaio 2021 escono le nuove linee guida dell’American Journal of Gastroenterology per la gestione dell’IBS (v.gd/hOu4rs) che raccolgono le maggiori evidenze in fatto di diagnosi e gestione di questo disturbo intestinale.

Tralasciando tutta la parte prettamente medica e farmacologica, mi soffermo solo sulle sezioni che riguardano l’alimentazione e gli stili di vita.

Premessa

Quali sono le cause della IBS? non si sa con precisione ma in una buona percentuale di casi (30-40%) la sindrome insorge a seguito di infezione batterica che in qualche modo lascia conseguenze a livello del sistema nervoso intestinale a lungo termine.

Quali sono i sintomi e le chiavi diagnostiche della Sindrome? Perchè, no, avere un po’ di pancia gonfia non significa soffrire di IBS.

Per cui si utilizzano i cosiddetti Criteri di Roma IV derivati dal consenso internazionale: dolore addominale almeno 1 volta a settimana in media, associato a un cambiamento della frequenza defecatoria e una modifica nella forma delle feci con sollievo (o anche peggioramento) del dolore in seguito all’evacuazione. Il gonfiore addominale è spesso riportato, ma non è un sintomo obbligatorio per la diagnosi.

E’ chiaro che questo non basti. Bisogna anche escludere altre patologie che potrebbero dare sintomi simili, per cui le linee guida consigliano di escludere la celiachia facendo test sierologici. Non ci sono evidenze per evitare il glutine in coloro che non sono celiaci.

Inoltre si devono escludere malattie infiammatorie intestinali (come rettocolite ulcerosa e il morbo di Chron) con altre analisi (calprotectina fecale, lattoferrina fecale e proteina C-reattiva). Non viene consigliato di cercare patogeni enterici nelle feci.

In alcuni casi sarà necessario effettuare una colonscopia per fugare gli ultimi dubbi.

Le linee guida pongono grande enfasi sulla necessità di fornire ai pazienti una “diagnosi positiva” cioè non unicamente di esclusione. Quindi è importante avere criteri per cui riferire al soggetto che “soffre di…” e non “potrebbe essere…” o “il quadro clinico sembra portare a…”. Questo anche per ridurre al minimo i costi sanitari e i test effettuati e lo stress per il paziente.

Altra fondamentale NON-raccomandazione: non si raccomanda di fare test allergici o per le intolleranze.

Come raccomandazione condizionale (e con qualità delle prove molto bassa) si può tentare una alimentazione a basso contenuto di FODMAPs cioè riducendo alcune sostanze presenti nei cibi (oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili) che potrebbero aumentare il richiamo di acqua nel colon e produrre una maggiore fermentazione batterica, formando acidi grassi a catena corta e gas che a loro volta aumenterebbero la distensione addominale e innescherebbero o peggiorerebbero i sintomi di IBS.

La dieta priva o a basso contenuto di FODMAPs è molto in voga, ma i dati sono incompleti e discordanti. Sopratutto è molto complessa e difficile da portare avanti e potrebbe portare ad alcune carenze nutrizionali dato che queste sostanza sono presenti in cibi molti utili e importanti per la nostra salute (legumi, broccoli, carciofi, melanzane, noci, mandorle, patate, e tanti altri). Consiste in 3 fasi: nella prima si cerca di eliminare tutti i FODMAP dalla dieta, nella seconda si reinseriscono gradualmente per valutare i sintomi e poi, nella terza, si cerca di personalizzare la dieta per sempre al fine di minimizzare quei cibi che scatenano sintomi. Nota: il lattosio è un FODMAP per chi è intollerante al lattosio. Per chi non lo è, non serve evitarlo.

Per essere portata avanti, questa dieta richiede un professionista esperto e un tempo molto lungo. Le possibili carenze la rendono poco economica, anche perchè non tutti i pazienti possono permettersi di vedere un dietologo per lungo tempo.

Una forte raccomandazione (con una moderata qualità delle prove) è invece quella di incrementare la fibra solubile (ma non quella insolubile) nella dieta dei pazienti con IBS. Quindi fondamentalmente evitare i cibi integrali, ma non evitare frutta e verdura (preferendone alcune invece di altre, che sarà il professionista ad indicare, anche in base al discorso FODMAP).

Ulteriori indicazioni sono quelle di mangiare lentamente, evitare cibi troppo caldi o freddi e avere abitudini alimentari costanti e sane.

L’utilizzo di probiotici è un campo promettente, ma ancora non esiste una indicazione precisa su quali ceppi siano migliori di altri e c’è necessità di ulteriori lavori per dare indicazioni precise.

Le linee guida proseguono con una trattazione approfondita dei vari farmaci più o meno indicati, ma questo non è argomento nostro.

In conclusione la IBS è un disturbo a volte invalidante, che dovrebbe essere approcciato da vari punti di vista: sia quello nutrizionale, che quello farmacologico, ma anche l’aspetto “psicologico” legato allo stress non deve essere sottovalutato (alcune psicoterapie si sono rivelate valide).

Di certo, lo ripeto, avere l’intestino irritabile NON è avere un po’ di gonfiore intestinale e non si risolve con le intolleranze alimentari o eliminando glutine e latticini come ormai sta diventando abitudine fare per qualunque cosa.

Altri riferimenti https://tinyurl.com/2ddtmsut

https://www.gastrojournal.org/action/showPdf?pii=S0016-5085(21)04084-1

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Di Dott. Gabriele Bernardini

Biologo, nutrizionista, toscano

3 risposte su “Sindrome dell’intestino irritabile”

Grazie dottore lo girerò a mio figlio che ha questo disturbo da piccolo 😄sperando che possa trovare un equilibrio in questo suo disturbo fastidioso

Ottimo sommario, i miei sintomi rientrano a pieno, con intolleranza al lattosio validata da test genetico. Confermo che sono sintomi invalidanti che invadono la vita quotidiana. E indubbiamente il trattamento è multifattoriale

La intolleranza al lattosio è sopravvalutata. Quasi tutti Simo intolleranti ma la maggior parte si noi non ha particolari sintomi e tollera un bel po’ dì lattosio senza disturbi. Il trattamento non è altro che evitare grandi quantità dì lattosio in un colpo solo. Ma per il resto si può mangiare dì tutto

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