Era la fine del XIX secolo: “dopo pazienti studi e lunghi esperimenti i Buitoni riuscirono a preparare una pastina speciale che ebbe subito un largo consenso di approvazione nel mondo scientifico per la sua intima composizione e per il suo potere nutritivo, e favore nel pubblico per il sapore gradito e per la facile sua digeribilità, la pastina glutinata che contiene il 15% di glutine secco, alla quale poi successero, la pastina poliglutinata con il 20%, la pastina iperglutinata al Somatose che ha il 10% di Somatose e il 30% di glutine. Ove si pensi alla grande quantità di sostanze azotate contenute da queste pastine si comprenderà subito la loro importanza nella nutrizione dei bambini, dei malati, dei convalescenti”
Una pasta col 20% e più di glutine!? Oggi sarebbe considerata un veleno dalla maggioranza delle persone. Alla fine dell’800 e nei primi anni del ‘900 era un “ricostituente”, un “attivatore dell’intelligenza”, un potente aiuto nel divezzamento del bambino.
Singolare questa schizofrenia: nell’era delle diete iperproteiche una pasta proteica (perché il glutine non è altro che un composto proteico presente in alcuni cereali) dovrebbe avere un grande successo ed essere la gioia di tutti i fans Di Pierre Dukan. E invece no, il glutine è diventato il nostro peggior nemico.
Il mercato del gluten free sta avendo un enorme successo e ci si aspetta un incremento di questi prodotti ancora maggiore negli anni a venire. Attualmente stiamo parlando di un giro di 4 miliardi di dollari circa che, secondo le stime, è destinato a triplicarsi da qui al 2026.
Il terrore nasce attorno alla metà degli anni 2000 quando vengono pubblicati libri come “Wheat Belly” e “Grain Brain” nei quali si sostiene che il glutine sia il male assoluto e la causa di buona parte delle malattie del nostro tempo dall’asma alla schizofrenia. Ovviamente senza uno straccio di prova scientifica. La crociata anti-glutine fece proseliti famosi: Gwyneth Paltrow, Jennifer Aniston, Victoria Beckam e Miley Cyrus, il che contribuì ad aumentarne il successo. In Italia il primo a parlare di disturbi collegati al glutine fu Luciano Pecchiai, primario ematologo all’ospedale Buzzi di Milano, il quale ipotizzò che il grano “geneticamente modificato” (in quel periodo il grano creso derivante da mutagenesi da radiazioni era sotto accusa) avesse prodotto un glutine “diverso” da quello presente nei grani cosiddetti antichi (derivati da incroci effettuati nella prima metà del ‘900) aumentando il rischio di celiachia nella popolazione. Anche in questo caso la sua era una pura ipotesi.
Prima di allora il glutine era un problema solo per i celiaci (i veri “intolleranti al glutine”), oggi sembra diventato un problema per tutti. L’incidenza della celiachia (malattia su base autoimmune, ben studiata e definita clinicamente) sta effettivamente crescendo, ma gli scienziati, ad oggi, non ne conoscono ancora il motivo. Tutte le ipotesi prese in considerazione allo stato dei fatti non sembrano confermate:
1. I “grani moderni” NON contengono più glutine rispetto al passato.
2. NON mangiamo una quota maggiore di prodotti con glutine rispetto a un tempo.
3. Il glutine “moderno” NON sembra estremamente “diverso” rispetto a quello “antico”.
Perciò le affermazioni di Pecchiai non hanno trovato, nei fatti, un riscontro scientifico definitivo.
Ma i disturbi cosiddetti “glutine-correlati”? Qui le cose si complicano. La cosiddetta “sensibilità al glutine non-celiaca” (NCGS) è una entità patologica ancora non chiaramente definita (tant’è che la diagnosi può avvenire solamente per esclusione non esistendo test diagnostici validati) che produce nel soggetto gli stessi sintomi della celiachia, ma senza la positività agli esami ematici e senza lesioni all’intestino che invece sono ben presenti nel celiaco.
La sua stessa esistenza è ancora dibattuta. Forse esiste e forse no. Ma certamente non coinvolge l’enorme fetta di popolazione che elimina autonomamente il glutine dalla dieta e DI SICURO non è legata all’aumento di peso (perciò se pensate di dimagrire evitando il glutine, scordatevelo).
Un punto è da chiarire bene: se io elimino un cibo che contiene glutine dalla mia dieta, NON elimino SOLO il glutine, ma tutta una serie di sostanze che potenzialmente potrebbero darmi fastidio. Il fatto di “stare meglio” con una dieta senza prodotti che contengono (anche) glutine NON DIMOSTRA automaticamente che sia il glutine il problema!
Ed è proprio questo ciò che alcuni studi sono andati a verificare scoprendo così che il 95% dei soggetti che mostravano sintomi “da glutine” in realtà stava male a causa del cosiddetto effetto nocebo: “se mi convinco che una cosa mi faccia male, mi farà male”. Oppure, a causa della presenza nei cibi sotto accusa di un gruppo di sostanze definite Fodmap’s (acronimo che sta per “Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi e Polioli Fermentabili”), in pratica zuccheri che possono provocare sintomi intestinali simili a quelli della sensibilità al glutine, coinvolte nella cosiddetta sindrome dell’intestino irritabile.
In conclusione, escludere il glutine dalla dieta è una sciocchezza senza un razionale scientifico che può rendere sbilanciata l’alimentazione (magari spostandola verso un aumento di proteine o grassi) e soprattutto rendere la vita molto più complicata perché (come ben sanno i celiaci) evitare totalmente il glutine è difficile. Inoltre esiste il rischio concreto che un celiaco VERO non venga mai riconosciuto come tale a causa del fatto che gli esami ematochimici si negativizzano se si segue una dieta priva di glutine.
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Riferimenti
https://www.visiongain.com/…/Gluten-Free-Foods-Beverages-Ma…
http://www.repubblica.it/…/cibi_senza_glutine_un_mercato_d…/
https://www.amazon.it/Contro-natura-allarmi-na…/…/8817080926