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Alimentazione e salute Studi scientifici

Dolcificanti

Prima fase

Prendi 120 persone sane con glicemia normale e che non usano prodotti con edulcoranti non calorici nella loro dieta

Dividili in 6 gruppetti

A 4 gruppi fai consumare, ogni giorno per 14 giorni, 6 bustine di vari dolcificanti (aspartame, saccarina, sucralosio, stevia)

A 1 gruppo fornisci 6 bustine di glucosio (che andava valutato dato che era presente nelle bustine di dolcificanti come “veicolo”)

A 1 gruppo non dare nulla (controllo)

Controlla la glicemia (ed esegui anche un test di tolleranza al glucosio, quello usato per valutare se esiste insulinoresistenza) prima, durante e dopo la fase di studio

Raccogli anche campioni di feci per valutare i microrganismi presenti

Risultati

Il microbiota di chi ha usato glucosio e nulla non si è modificato

Quello di chi ha consumato i dolcificanti (soprattutto sucralosio e saccarina) è cambiato

Chi ha assunto sucralosio e saccarina poi, ha mostrato alterazioni nella gestione della glicemia, come se si fosse instaurata resistenza alla insulina

Per glucosio, aspartame e stevia questo non è accaduto (qui un lavoro sulla stevia che conferma il fatto che non modifica il microbiota: https://www.mdpi.com/2072-6643/16/2/296)

Seconda fase

Trapianta le feci “saccarina” e “sucralosio” in topi privi totalmente di flora batterica

Dopo qualche giorno analizza la risposta glicemica di questi topi e scopri che anche negli animali si è alterata

Questo dimostra un nesso causa-effetto e non solo una correlazione di eventi.

Conclusioni

Non è una sorpresa che alcuni dolcificanti possano alterare il microbiota e le risposte glicemiche, ma qui è stato dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio sebbene solo nel breve termine e non ci siano dimostrazioni a livello clinico

Altri lavori mostrano anche una associazione con le malattie cardiovascolari

Le bevande “zero” e i dolcificanti vanno ridotti (a maggior ragione nei bambini sotto i 3 anni e nelle donne in gravidanza) soprattutto per motivi di educazione al gusto e l’eventuale aumento di peso legato al loro utilizzo è principalmente indiretto a causa del fatto che il loro uso non riduce il desiderio di cibi dolci, ma anzi lo incentiva: assieme alla coca zero si mangeranno altre schifezze ipercaloriche e sarà questo fatto a produrre sovrappeso, resistenza alla insulina e rischio di diabete. Non i SOLI edulcoranti.

Che i dolcificanti acalorici possano aggravare la situazione è possibile, ma ci vogliono prove a lungo termine.

Riferimenti

https://tinyurl.com/dolcif

https://tinyurl.com/edulc

Update maggio 2023

L’OMS ha pubblicato un documento in cui analizza l’impatto globale di queste sostanze sulla salute generale.

Questa la raccomandazione che ne esce: “L’OMS suggerisce che i dolcificanti non zuccheri non siano usati come mezzo per raggiungere il controllo del peso o ridurre il rischio di malattie non trasmissibili (raccomandazione condizionale)”.

NOTA: la raccomandazione dell’OMS è “condizionale” e non “forte”, il che vuol dire che esiste un margine di incertezza sul beneficio del suo rispetto. Nelle raccomandazioni forti non questa incertezza non c’è.

  1. Sostituire gli zuccheri liberi con i dolcificanti non aiuta a controllare il peso nel lungo termine. Può far perdere peso nel breve termine (entro 3 mesi), ma alla lunga le persone vanno incontro addirittura a un aumento di peso.
  2. Nel lungo termine, inoltre, il loro utilizzo è associato ad aumentato rischio di diabete tipo 2 e malattie cardiovascolari (e, soprattutto l’uso di saccarina, a quello di tumore della vescica).
  3. I dolcificanti non migliorano significativamente parametri come la glicemia o il colesterolo ematico.
  4. Nelle donne in gravidanza aumenta il rischio di nati pre-termine.
  5. La raccomandazione vale per tutti i dolcificanti acalorici (acesulfame K, aspartame, advantame, ciclamati, neotame, saccarina, sucralosio, stevia e derivati della stevia). Sono esclusi quelli che le calorie ce le hanno, come i polioli (come il famoso eritritolo o altri come l’isomalto, lo xilitolo, ecc), che sono zuccheri o derivati e non considerati in questa definizione di dolcificanti.
  6. La raccomandazione vale per tutti, meno che per i diabetici per i quali i rischi dell’uso di dolcificanti sono minori rispetto a quelli dell’uso di zuccheri liberi.
  7. Gli studi si riferiscono all’uso in quantità ENTRO i limiti massimi definiti dalle DGA (dosi giornaliere ammissibili), cioè quelle quantità oltre le quali esiste un pericolo di tossicità nel BREVE termine. Quindi i rischi sopra citati valgono per piccole quantità assunte regolarmente e a lungo.

Conclusioni: l’unico dolce sano è quello che non si mangia.

https://www.who.int/publications/i/item/9789240073616

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Di Dott. Gabriele Bernardini

Biologo, nutrizionista, toscano

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