L’istamina viene prodotta dal nostro corpo in risposta a infiammazioni o allergie. In questo caso, è il nostro corpo che la fabbrica partendo dall’aminoacido istidina.
Ma possiamo anche “mangiarla” con alimenti che ne sono ricchi. Gli alimenti possono contenerla naturalmente in abbondanza, oppure può derivare dai batteri (per esempio nei cibi fermentati, ma anche in quelli avariati).
Altri alimenti, infine, possono indurne la produzione endogena con un meccanismo non allergico.
Quando è troppa è troppa, sia che la produciamo noi, sia che la ingeriamo preformata o che ne inducano la produzione i cibi. E quindi tutti noi avremo sintomi. Non si parla di intolleranza.
Avremo una “normale” allergia nel caso sia coinvolto il sistema immunitario, oppure una vera e propria intossicazione come nel caso della cosiddetta sindrome sgombroide (pesce andato a male e ricchissimo di istamina).
Nota: l’istamina è termoresistente. Per una completa inattivazione dell’istamina è necessario un trattamento termico di almeno 116 °C per 90 minuti.
L’intolleranza all’istamina, invece, riguarda una (probabilmente piccola) fetta di popolazione (si stima l’1%) che non riesce a degradarne quantità che in soggetti non intolleranti non darebbero sintomi, quando la introduce preformata col cibo (o mangia cibi che la liberano).
Questi soggetti hanno una carenza innata o acquisita dell’enzima diamina-ossidasi (DAO) che degrada l’istamina a livello intestinale. I sintomi sono quelli di un’allergia e/o intossicazione: prurito, orticaria, nausea, vomito, diarrea. Ma sono sintomi che possono dipendere anche da mille altre cose.
Ecco perché non si deve pensare subito a intolleranza all’istamina se si hanno sintomi del genere e non ci si deve fidare dei vari test in commercio perché non sono validati.
Solo una dieta di esclusione può essere dirimente (e comunque l’istamina sta dappertutto).
Non vi fate fregare e non chiedete consiglio ai nutrizionisti, ma semmai andate da un gastroenterologo.
https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC7463562
