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Olio di cocco, olio di palma: santi o demoni?

In verità nessuno che si occupi seriamente di nutrizione ha mai demonizzato (o santificato) niente.

Non si demonizzano gli alimenti e neppure gli “elementi” che li compongono, ma si guardano le proporzioni di questi alimenti/elementi nei cibi e loro la frequenza di utilizzo nelle popolazioni.

Si osservano quindi le relazioni con le malattie e si danno raccomandazioni per la loro prevenzione. Che è un po’ di verso dal demonizzare.

Chi demonizza sono i giornali e giornaletti, i siti bufalari e i sedicenti esperti che di alimentazione ne sanno meno della metà di quanto io so di finanza internazionale (e io ne so davvero poco).

Venendo agli oli di cocco e di palma, sono composti in larga parte da grassi saturi (87% per il cocco e circa il 50% per il palma) e la maggior parte di questi saturi sono laurico, palmitico e miristico cioè quei grassi che tendono ad aumentare la colesterolemia.

E’ vero che i saturi del cocco sono sopratutto laurico cioè quello che, fra i tre, incide meno sul colesterolo nel sangue, ma incide! Nel palma quasi tutti i saturi sono di palmitico (al secondo posto come “pericolosità”).

L’acido laurico è quello più osannato dai sostenitori del cocco perchè secondo costoro, essendo un acido grasso a catena corta, si assorbirebbe come un “carboidrato”, senza le complicazioni metaboliche tipiche degli altri saturi più lunghi e senza le conseguenze negative. Peccato che…non sia vero. O meglio, è vero solo in parte: solo il 25% del laurico si comporta da “grasso corto”, mentre per il 75% viene assorbito come un “grasso lungo” e quindi come un qualsiasi saturo da limitare.

Ora, le raccomandazioni sono quelle di non introdurre più del 10% dell’energia giornaliera sotto forma di grassi saturi senza distinzione tra i sottogruppi.

Questo perché i saturi negli alimenti sono soprattutto laurico, palmitico e miristico e quelli a catena più corta (o più lunga) che sono neutri per il colesterolo, sono scarsamente rappresentati.

Per cui è inutile stare a spaccare il capello in quattro, quando parliamo di saturi li possiamo considerare tutti “dannosi” (quando in eccesso) e chi si mette a fare discorsi di fino, non sa quel che dice dato che poi bisogna considerare altri fattori.

I fattori da tener presenti sono per esempio che non contano solo i saturi, ma anche la relazione che nella dieta c’è tra questi e gli altri tipi di grassi (polinsaturi e monoinsaturi) e inoltre conta pure la relazione che c’è coi carboidrati. Insomma conta l’equilibrio.

Ma tutto questo che sembra così complicato (e lo è) si semplifica se smettiamo di riempirci la bocca coi nutrienti e andiamo a considerare gli alimenti.

Perchè noi mangiamo alimenti. Cioè matrici complesse. E allora capiamo meglio che quando mangiamo troppi grassi saturi può voler dire che mangiamo troppi dolci o prodotti da forno che contengono anche zuccheri e magari sale e calorie. e che si fa presto ad esagerare con questi prodotti molto appetibili e che questo rischia di farci ingrassare. E che ingrassare porta altri problemi.

Perciò l’attenzione va posta sugli alimenti che mangiamo e sul totale della dieta che facciamo, non su olio di cocco o palma. Mi pare chiaro che se mangio una merendina che contiene olio di cocco e tutta la mia dieta è per il resto equilibrata, non sarà la merendina o il cocco a sballarla, ma se io baso la mia alimentazione su merendine e altre porcherie varie, rischio di introdurre troppi grassi saturi, sale, zuccheri, calorie e allora non va bene.

Quindi? quindi dieta mediterranea, movimento e peso nella norma. Somma e totale.

Insomma, abolire non ha alcun senso (fra l’altro il latte materno contiene acido palmitico, che facciamo lo aboliamo?), ridurre, moderare, fare attenzione a non esagerare con alcuni tipi di alimenti (in primis carni, formaggi, dolci e schifezze varie) si.

Appendice bulletproof coffee

A volte non si deve star troppo lì a spiegare. Certe cagate sono tali e basta.

L’olio di cocco con cui si fa quella schifezza di caffè, ha il 90% o quasi di grassi saturi e poco importa che molti siano a media catena (MCT, grassi considerati “sani”) anche perchè l’acido laurico (il grasso più rappresentato nell’olio di cocco) si può comportare anche come grasso a catena lunga a livello metabolico e incrementare i livelli di colesterolo cattivo (LDL).

Ed infatti il consumo di olio di cocco li incrementa questi livelli se mangiato oltre le raccomandazioni per i grassi saturi (cioè il 10% dell’energia quotidiana)

Lo so, in chi fa la chetogenica (e non solo) va di moda, ma il caffettino dei chetini non fa nè bene nè male IN SE’, ma se lo aggiungiamo ad una alimentazione occidentale ricca di carni, salumi, dolci, formaggi, butta benzina sul fuoco e basta.

Ovviamente NON fa dimagrire.

Conclusioni di alcune metanalisi:

“i nostri risultati suggeriscono che il consumo di olio di cocco determina TC, LDL-C e HDL-C significativamente più alti rispetto ad altri oli. Il consumo di olio di cocco può essere uno dei fattori di rischio per le malattie cardiovascolari nei sud asiatici.”

“il consumo di olio di cocco determina un livello di colesterolo LDL significativamente più alto rispetto agli oli vegetali non tropicali. Ciò dovrebbe orientare le scelte sul consumo di olio di cocco.”

Infine, lo studio che mostra come quel che faccio qui non serve a una mazza:

“Dopo essere stati esposti alle conclusioni di una meta-analisi che mostrava che l’olio di cocco non mostra benefici per la salute superiori rispetto ad altri oli e grassi, il 73,5% di coloro che consideravano l’olio di cocco sano non ha cambiato opinione.”

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33096510/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35282978/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31928080

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/12716665

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36045407/#:~:text=Conclusions%3A%20Coconut%20oil%20intake%20revealed,cardiometabolic%20benefits%20should%20be%20implemented.

https://www.ahajournals.org/doi/10.1161/CIR.0000000000000510?url_ver=Z39.88-2003&rfr_id=ori:rid:crossref.org&rfr_dat=cr_pub%20%200pubmed

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4892314

https://www.ahajournals.org/doi/10.1161/CIRCULATIONAHA.119.044687?url_ver=Z39.88-2003&rfr_id=ori:rid:crossref.org&rfr_dat=cr_pub%20%200pubmed

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Di Dott. Gabriele Bernardini

Biologo, nutrizionista, toscano

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