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Progresso scientifico e tecnologico nella Terra di Mezzo

Come mai non esiste un chiaro sviluppo tecnologico e scientifico nella Terra di Mezzo, come accaduto invece nella storia del nostro mondo primario?

A questa domanda è abbastanza facile rispondere: come potrebbe un autore come Tolkien vedere positivamente questo tipo di progresso?

Come potrebbe, dopo avere assistito alla trasformazione (distruzione?) della campagna inglese agli albori della rivoluzione industriale? Come potrebbe, dopo aver vissuto la Prima Guerra Mondiale e partecipato alla carneficina della Somme, combattuta con le “nuove tecnologie” sviluppatesi poi più a fondo durante la Seconda Guerra Mondiale?

Nel mondo secondario immaginato da Tolkien non c’è spazio per una evoluzione tecnico-scientifica o, se esiste, questa è unicamente volta al male.

Per qualcuno questo potrebbe apparire non verosimile, ma non può esserci nessun “giusto” progresso perchè, per Tolkien, il progresso e la tecnologia sono ontologicamente negativi.

Secondo la visione prettamente cristiana di Tolkien, immaginare e inventare sono diritti derivante direttamente da Dio.

L’impulso a “sub-creare” è qualcosa insito nella natura umana perchè l’uomo proviene dal Creatore e, a sua somiglianza, desidera creare egli stesso.

Il desiderio di creare, nel legendarium tolkieniano, si esprime principalmente con l’arte e lo vediamo nell’Ainulindalë la Creazione del Mondo: Eru (Dio) immagina una grande Musica, un gigantesco tema fatto di accordi potenti e melodie da cui nasce il progetto che diverrà poi realtà e a cui parteciperanno anche gli Ainur, le potenze angeliche che, come grandi artisti (ognuno secondo i propri poteri e le proprie attitudini), andranno a completare la visione.

Tutto quindi ha inizio con la musica, una forma d’arte.

Se l’impulso creativo si realizza con l’arte e l’immaginazione, una parte del desiderio di creare si realizza, però, anche con la scienza e la tecnologia.

La scienza nel senso moderno (intesa come conoscenza del mondo e conseguente applicazione tecnologica) non è però una cosa positiva per Tolkien.

Creare per avere potere sulle cose e sulla natura è un grosso rischio perchè porta al desiderio di controllo e di manipolazione altrui per i propri fini.

Il possesso della cosa non va bene: si può diventare bramosi dell’oggetto creato, come Fëanor fa coi Silmaril all’inizio delle storie.

Egli genera una guerra fratricida per il possesso dei grandi gioielli che anche Melkor, (il “Satana” tolkieniano) desidera, ma che è l’elfo Fëanor a scatenare, perchè ha un rapporto malato e possessivo con le sue “creature”.

Tolkien ci dice che la fantasia può essere utilizzata male. Subcreare può essere pervertito. Il desiderio subcreativo può diventare ossessione volta al male.

Scienza e Tecnica e “progresso” portano, in ultimo, al desiderio di cercare immortalità e potere.

Questa è perversione dell’arte con la tecnica o meglio con “la macchina”: attrezzi, congegni meccanici/elettronici esterni, al posto dei propri talenti e il loro uso per dominare e soggiogare gli altri.

La tecnica offre la realizzazione rapida dei desideri e la creazione di NUOVI desideri in un vortice infinito di insoddisfazione.

La storia della creazione del mondo in Tolkien, secondo Tom Shippey, non contraddice la Bibbia, ma va a riflettere su un altro aspetto, la visione alternativa del Peccato Originale.

In Tolkien l’uomo non commette il peccato per conoscere la differenza tra Bene e Male, per lui la Caduta riguarda il desiderio di dominio e potere, o meglio, *l’illusione* di poter governare le cose.

La magia (la tecnica) altera li mondo. Tolkien usa la parola magia in modi diversi, non tutti negativi: gli elfi usano una magia che è una loro caratteristica ontologica. La chiamiamo NOI “magia” perchè non c’è un termine nella nostra lingua che esprima ciò che è. Il punto di vista è umano.

L’arte elfica vuole “semplicemente” mantenere il mondo bello e incorrotto e si contrappone alla magia intesa come “macchina” e tecnica che desidera solo il potere, lo sfruttamento e l’assoggettamento alla volontà altrui.

Gl Elfi, immortali, sono angosciati per l’assenza della morte nelle loro vite, del tempo che passa e del mondo che deperisce, mentre loro permangono immutati e ricercano perciò la subcreazione e l’arte per mantenere la luce iniziale e il mondo bello e incorrotto, non la usano per ridurre in schiavitù e controllare gli altri.

La creazione dell’unico Anello da parte di Sauron è LA macchina per eccellenza perchè incarna tutto questo: potere, manipolazione, assoggettamento. Moltiplica i desideri e li realizza in modo veloce. Illude il portatore di poterlo governare.

L’anello è legato alla mortalità: gli uomini non accettano di morire, invidiano gli elfi e cercano la fuga dalla morte e l’anello offre una lunga vita, per di più invisibile, e desideri da realizzare senza essere “visti” (cioè senza pagarne le conseguenze).

L’anello è intrinsecamente malvagio, nega il libero arbitrio e va distrutto. Non c’è altra possibilità.

Sin dalle sue prime opere Tolkien presenta la tecnica come qualcosa di malvagio. Lo si vede nella Caduta di Gondolin, quando appaiono Draghi di metallo e serpenti che ospitano nei ventri cavi orde di orchi.

E poi la dittatura colonialista di Sauron a Númenor in cui l’innovazione tecnologica era rivolta a perfezionare macchine per la conquista di altre terre con navi che non affondano e che si muovono senza vento e armi sempre più “magiche” e potenti.

Tutto ciò non è solo malvagio, ma viene anche definito come esteticamente BRUTTO, come le armi del nostro mondo primario e altre costruzioni e invenzioni tecnologiche moderne.

Poi c’è Saruman, il tecnocrate per antonomasia, il mago traditore: sviluppa tecnologie come una specie di polvere da sparo nella battaglia del Fosso di Helm o una sorta di Napalm durante l’assedio degli ent.

Saruman usa la tecnica per “conoscenza, potere e dominio” e vuole ottenere risultati in fretta senza pensare ai danni verso l’ambiente e la collettività.

Per lui si può sacrificare natura e umanità in funzione dell’obiettivo finale.

L’anello che Saruman desidera è un mezzo per raggiungere machiavellicamente il suo fine. All’inizio avrebbe anche buone intenzioni, ma non sa di essere manipolato da Sauron che pensa invece, al contrario, di poter controllare.

Questo modello di progresso appare inevitabile anche nel nostro mondo: ci viene detto che non c’è altra possibilità e che va perseguito obbligatoriamente.

Il “progresso” però è una dittatura fatta di fabbriche, ciminiere e fumo che pervertono e distruggono la natura e gli animali, utilizzati come merce, come oggetto di scambio e profitto.

Il tentativo di esprimere letterariamente il senso di non appropriazione della natura da parte dell’uomo, di concepire il mondo non come merce, ma come qualcosa di estraneo da noi e di cui non abbiamo diritto di impadronirci per i nostri scopi, è fornito dalla figura di Tom Bombadil.

Tom è lo scienziato puro che osserva, riflette, studia e non interviene sul mondo con la tecnologia. È botanica e zoologia, non agricoltura e allevamento.

Tom ci ricorda cosa abbiamo perduto, persi nella nostra avidità di potere, nella nostra arroganza, nella apparente superiorità di chi si sente al centro del creato, ma che, alla fine, è solo in grado di distruggerlo.

Tom ci racconta cosa stiamo perdendo e cosa perderemo.

“A differenza dell’arte che si accontenta di creare nella mente un nuovo mondo, la tecnica cerca di realizzare i desideri, e così di creare potere in questo mondo; e questo non può in realtà essere fatto con qualche soddisfazione. Le macchine che risparmiano la fatica creano solamente fatica peggiore e senza fine. E in aggiunta a questa sostanziale incapacità di creare, c’è la Caduta, che fa sì che i nostri aggeggi non solo falliscano i loro obiettivi, ma diano vita ad altre cose malefiche e orribili. Così inevitabilmente da Dedalo e Icaro arriviamo al bombardiere gigante.

Non è certo un passo avanti sulla strada della saggezza! Questa terribile verità, intuita tempo fa da Samuel Butler, salta agli occhi così chiaramente ed è così orribilmente evidente nella nostra epoca, con le sue implicazioni ancora peggiori per il futuro, che sembra quasi una malattia mentale diffusa in tutto il mondo, che solo un’esigua minoranza percepisce.”

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Di Dott. Gabriele Bernardini

Biologo, nutrizionista, toscano

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