È stato impossibile non pensare all’opera di Tolkien nel momento in cui, tempo fa, ho scoperto (grazie a Renato Bruni e letto il rapporto dell’IPBES (Intergovernmental Science-Policy Platform for Biodiversity and Ecosystem Services), intitolato “Analisi dei diversi valori e delle valutazioni sulla natura” (IPBES Values Assessment of the Diverse Values and Valuation of Nature).
Un lavoro frutto della collaborazione di 82 scienziati, ma anche e per fortuna di esperti in discipline umanistiche, che hanno voluto catalogare il nostro legame con la natura, gli ecosistemi e le culture umane cercando di superare il modo estremamente riduttivo di considerare la natura e gli esseri viventi solo come utili agli scopi, al “progresso” e all’economia umani.
È questa considerazione che mi ha immediatamente portato a pensare al lavoro di Tolkien: esiste una corrente di critica letteraria chiamata ecocritica che studia la relazione tra letteratura e ambiente, crisi climatica e dualismo cultura-natura analizzando le opere di molti autori presenti e passati per riflettere sulla nostra relazione con l’ambiente e contribuire in maniera attiva alle possibili soluzioni della crisi ambientale. In questo contesto è stata analizzata anche la letteratura fantastica e l’opera tolkeniana.
La visione della natura intrinsecamente buona e svincolata dal concetto di “merce”, un prodotto che può essere sfruttato a nostro piacimento, è uno dei capisaldi della visione ecologica di Tolkien e si ritrova nelle sue opere e nei suoi personaggi a partire dagli Elfi per arrivare agli Ent, a Tom Bombadil, Gandalf (che rappresenta anche l’emblema della stewardship, la buona amministrazione della terra) e gli Hobbit, passando per Saruman, Sauron e gli orchi.
Ogni personaggio/popolo del legendarium tolkeniano ha una visione della natura e un “destino” nel mondo che si può sorprendentemente legare alle suddivisioni dei valori attribuiti alla natura descritti nel rapporto IPBES.
Secondo il documento si identificano vari tipi di relazione uomo-natura: vivere GRAZIE alla natura, principalmente sfruttandola per i propri scopi (Saruman/Sauron), CON la natura, “usandola” nel rispetto dei suoi ritmi (Hobbit), NELLA natura, dove il fattore estetico/artistico raggiunge i suoi massimi (Elfi) e COME natura, senza possesso e considerandola come parte di noi e di tutto il creato (Ent/Tom Bombadil).
Sono visioni del mondo differenti che Tolkien aveva già letterariamente delineato un secolo fa: lui subcreatore, forgiatore di mondi, ha riempito la sua opera di questo sentimento di amore per la Terra come dono di Dio (Eru Ilúvatar) alle sue creature, pur senza un esplicito riferimento alla religione cristiana (nonostante lui lo fosse profondamente, cristiano cattolico romano).
Il sentimento religioso rimane nascosto ed è per questo che può agire in modo universale. Non ci sono riferimenti a culti, chiese o cerimonie nelle storie, ma si “sente” una atmosfera di religiosità sotterranea, primordiale.
Tolkien si esprime attraverso il mito e quindi le storie. Non c’è un messaggio esplicito nella sua opera (che è ciò che è, in primis, una bella storia di avventure), ma il lettore viene accompagnato lungo lo svolgimento del racconto e può individuare elementi universali utili a comprendere il suo “messaggio”.
Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit, Il Silmarillion non sono però allegorie. Tolkien lo dichiara apertamente, non ha mai voluto che le sue opere scivolassero verso una interpretazione forzata, ma lascia aperta al lettore ciò che chiama “applicabilità”: “Io però detesto cordialmente l’allegoria in tutte le sue manifestazioni, e l’ho sempre detestata da quando sono diventato abbastanza vecchio e attento da scoprirne la presenza. Preferisco di gran lunga la storia, vera o finta che sia, con la sua svariata applicabilità al pensiero e all’esperienza dei lettori. Penso che molti confondano “applicabilità” con “allegoria”; l’una però risiede nella libertà del lettore, e l’altra nell’intenzionale imposizione dello scrittore.” (Prefazione alla seconda edizione inglese del Signore degli Anelli).
Ebbene, come lettori di Tolkien abbiamo la facoltà e la libertà di applicare la nostra visione delle cose alle sue subcreazioni e le categorie espresse nel rapporto IPBES si accostano perfettamente al lavoro di Tolkien e ai popoli della Terra di Mezzo.
https://ilbolive.unipd.it/it/news/rapporto-dellipbes-sui-valori-natura