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Agricoltura Alimentazione e salute

Davvero il cibo di oggi è più povero di nutrienti rispetto al passato? E, nel caso, dovremmo preoccuparci?

A questa domanda, alla quale molti risponderebbero con un forte “Sì!” di pancia e che purtroppo è un leitmotiv di alcuni nutrizionisti famosi, non è così facile rispondere, fondamentalmente per due motivi:

1. fare confronti non è così semplice come sembra e

2. non abbiamo una macchina del tempo con la quale tornare nel passato e portare assieme a noi le strumentazioni di analisi che abbiamo oggi.

1. La maggior parte degli articoli scientifici che si sono occupati di questo problema ha usato le tabelle nutrizionali dei vari paesi per estrarne i valori storici e segnalare una apparente riduzione di molti nutrienti rispetto alle coltivazioni moderne.

Ma gli stessi autori di questi studi concludono che una riposta chiara non si può fornire: i dati infatti non sono controllati e non sono omogenei. Riguardano coltivazioni di paesi diversi, con diversi climi, tipi di terreno, gradi di maturazione e metodi di crescita differenti.

Analizzare la tabelle nutrizionali e confrontarle significa osservare due fotogrammi statici, non il film completo. I confronti storici purtroppo non si possono fare così.

2. Un secondo aspetto riguarda i metodi di analisi e “l’hardware” utilizzato: oggi esistono apparecchiature con livelli di precisione che un tempo i ricercatori si sognavano. La spettroscopia ad assorbimento atomico nasce solo negli anni ’70 del secolo scorso per esempio. Metodi di analisi diverse, in epoche diverse, rendono quasi impossibile confrontare i valori nutrizionali dei cibi antichi e moderni.

Per questi motivi, sono molti gli scienziati che non concordano di stare assistendo a un “collasso nutrizionale” del cibo.

Ma qualcosa di più possiamo dirlo, perlomeno per quel che riguarda i cereali, e questo ci porta nella tenuta di Rothamsted nell’Hertfordshire, in Inghilterra, in cui si svolge l’esperimento più longevo del mondo.

Nel 1843, l’allora proprietario della tenuta, John Bennet Lawes iniziò una serie di esperimenti per testare gli effetti di diversi fertilizzanti e concimi organici sulla resa e la qualità di alcune colture britanniche (orzo e grano soprattutto). Fu così che lui e i suoi successori collezionarono ben 180 anni di campioni di terreni e colture, letami e fertilizzanti, che noi oggi possiamo analizzare con le metodiche moderne.

Nel 2008 Steve McGrath, scienziato principale della Rothamsted Research, ha pubblicato uno studio scoprendo che tra il 1845 e il 1967 (un arco di 160 anni) le concentrazioni di minerali nei cereali erano stabili nella maggior parte degli appezzamenti. Ma dopo il 1968, i livelli di zinco, rame e magnesio iniziarono a diminuire.

(Nello stesso studio, gli scienziati hanno anche confrontato campioni di terreno dal 1865 al 2000. I risultati mostrarono che i micronutrienti erano rimasti stabili o erano aumentati nel corso del tempo. L’aumento di alcuni minerali nel suolo è da attribuire all’utilizzo di fertilizzanti inorganici).

La riduzione di nutrienti nei cereali notata da McGrath dal 1968 in avanti, invece, è probabilmente da collegare alla introduzione di nuove varietà di frumento ad alto rendimento nel periodo cosiddetto della “Rivoluzione Verde”; introduzione legata alla necessità di dover sfamare un mondo sempre più numeroso e che valse all’agronomo Norman Borlaug, colui che guidò la “rivoluzione”, il premio Nobel per la pace, per aver contribuito a sollevare dalla povertà milioni di persone e ad alleviare la fame nel mondo.

Sembra quindi che queste nuove varietà di frumento contengano il 19-28% in meno di alcuni minerali (zinco, rame, ferro, magnesio) rispetto a quelle antiche.

Conclusioni analoghe valgono anche per grani di altri paesi, non solo per quelli inglesi e la causa è genetica, non ambientale: varietà ad alte rese, che producono più amido, “sottraggono” risorse alla produzione di micronutrienti e anche di proteine (ecco, per inciso, perchè il glutine non è aumentato nei frumenti moderni, ma semmai si è ridotto).

Ma non c’è solo questo: l’incremento di anidride carbonica in atmosfera, legato al cambiamento climatico, “spinge” le piante a crescere meglio, ma relativamente con meno nutrienti che non siano i carboidrati. In parole povere: più CO2 = aumento di composti a base di carbonio e quindi “meno spazio” per quelli a base azotata come proteine e vitamine.

Ma tutto questo, alla fine della fiera, impatta sulla nostra salute?

Il problema oggi (soprattutto nelle zone povere del mondo) non riguarda la carenza di nutrienti nei cibi moderni, riguarda L’ACCESSO a questi cibi: le persone non se li possono proprio permettere i vegetali freschi. Se potessero, non avrebbero certo carenze, perchè la riduzione dei nutrienti non è significativa e NON significa che il cibo che mangiamo ne contenga ZERO. Frutta e verdura sono e rimangono COMUNQUE una fonte enorme di sostanze benefiche.

Lo stesso si può dire anche per le diete “dei ricchi”: noi occidentali oggi non mangiamo più sufficienti quantità di vegetali, però ci lamentiamo che siano più poveri. Beh cominciamo a mangiarli!

Detta in soldoni: fatto 100 il contenuto di nutrienti di una zucchina antica, poco importa che oggi quella moderna ne contenga 70 se a noi ne serve 30. Ne avremmo a sufficienza SE la mangiassimo.

Il problema è che non mangiando neppure quel 70, introduciamo ZERO. E questo si che è un rischio oggi, non il cibo impoverito.

p.s. non tirate in ballo il gusto, non c’entra con gli aspetti nutrizionali.

Riferimenti

https://www.emerald.com/insight/content/doi/10.1108/00070709710181540/full/html

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/15637215

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0889157516302113

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34651542

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0946672X08000679

https://www.nature.com/articles/s41598-020-78504-x

https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.aaq1012

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Di Dott. Gabriele Bernardini

Biologo, nutrizionista, toscano

Una risposta su “Davvero il cibo di oggi è più povero di nutrienti rispetto al passato? E, nel caso, dovremmo preoccuparci?”

credo sia una delle cose più difficili da far comprendere, che non importa dove compri la carne e la verdura, che sia biologica o meno, ma quello che conta è mangiare poco della prima e tanto della seconda. spostare il problema sulla “qualità” del cibo, illudendosi così di poter mangiare quel che si vuole, senza danni alla salute. e purtroppo ci marciano sia i paleo/carnivori che i salutisti della linea vegetale-bio. da quando ho iniziato a seguirti su instagram e poi ho letto i tuoi articoli qui, ho davvero imparato molto (oltre ad aver smesso di mangiare carne) e ti ringrazio molto per la sana divulgazione che fai

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