Si chiama SPiG, Sindrome del Picco Glicemico, una malattia psichiatrica di nuova definizione (a breve entrerà nel DSM V) che colpisce soprattutto nutrizionisti e personal trainer, ma che è molto contagiosa e sta facendo il salto di specie anche verso le persone senza partita IVA.
Si manifesta con la irrefrenabile convinzione che l’aumento della glicemia dopo un pasto produca un terribile picco glicemico che ci ucciderà tutti e che l’unica cosa che conta quando mangiamo, sia l’indice glicemico a prescindere dalle calorie e dalle quantità.
Per i malati di SPiG la glicemia è tutto e nient’altro conta. Neppure la Juventus.
Essendo una sindrome, cioè un insieme di segni e sintomi, è accompagnata dalla adorazione per le proteine e i grassi e dall’irrefrenabile desiderio di misurarsi la glicemia, fino ad arrivare ad inserirsi sensori glicemici sotto pelle (ultimo stadio).
Inoltre si manifesta spesso la compulsione a “equilibrare”ossessivamente i pasti con quintali di alimenti animali, con l’errata convinzione di far bene.
Se non c’è la carne, chi soffre di SPiG si sente male e deve aggiungere salsicce, costolette e fegatini al pasto (meglio se grigliati) perché nella sua testa ciò contribuisce ad abbassare il picco e a vivere di più.
Altra tendenza del malato è quella di usare burro chiarificato per ungere tutto. Ma proprio tutto.
A colazione ovviamente usa gli albumi con l’eritritolo.
Non c’è cura.
La morte NON sopraggiunge MAI per cause iperglicemiche, ma per qualsiasi altra cosa vi possa venire in mente. Che culo eh.
La SPIG è anche conosciuta come la malattia dei chetini.