Sovrappeso e obesità sono definiti come un “anormale o eccessivo accumulo di grasso che può compromettere la salute” (https://www.who.int/en/news-room/fact-sheets/detail/obesity-and-overweight). In termini pratici l’obesità è definita come un Indice di Massa Corporea maggiore di 30Kg/m2.
Quel “può” apre un mondo di possibilità e ci fa pensare che non sempre la salute possa essere compromessa.
Fatto sta che dal 1970 in poi il mondo ha assistito a un drammatico aumento del sovrappeso (una vera e propria pandemia non infettiva in atto da decenni e che non accenna a fermarsi) che contribuisce a ridurre l’aspettativa di vita anche fino a 20 anni (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/12517229/) ed è responsabile dell’incremento di malattie cardiometaboliche (come il diabete, l’infarto, l’ictus), alcuni tipo di cancro e numerose altre patologie “minori” che possono ridurre la qualità di vita delle persone (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2662372/) oltre a generare un carico economico di malattie enorme per i sistemi sanitari di tutto il mondo (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5409636/).
La World Obesity Federation ha definito l’obesità non un semplice fattore di rischio, ma una vera malattia cronica recidivante e progressiva (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28489290/).
Una malattia quindi, non una scelta o una decisione. Non una colpa. Il problema in questo caso è anche come definire “malattia”: la “semplice” mancanza di salute? le persone, soprattutto quando è coinvolta la percezione del corpo, si possono “sentire” o meno malate e questo dipende da fattori psicologici e sociali. Definire l’obesità una malattia può avere conseguenze importanti sulla autostima e sullo stigma sociale. Pertanto anche la scelta del trattamento è importante e i professionisti della salute devono tener conto del fatto che si trovano di fronte a persone e che il problema è complesso.
Nella pratica e dal punto di vista medico è stata individuata una forma di obesità definita metabolicamente sana (MHO) già dagli anni ’50 del secolo scorso osservando persone a minor rischio cardiovascolare. Questa fetta di popolazione non è neppure piccola, potendo arrivare anche al 20-30% ed è definita così (le definizioni sono tante, ma propongo quella più frequentemente accettata descrivendola sommariamente):
- Indice di massa corporea maggiore di 30 (questo è il prerequisito)
- Assenza di obesità addominale (quindi circonferenza vita sotto i 102cm per gli uomini e sotto 88 per le donne)
- Non ipertensione
- Valori dei trigliceridi e colesterolo nella norma
- Glicemia nella norma e non insulinoresistenza sulla base dell’indice HOMA
- Markers infiammatori normali
- Bassi contenuto di grasso nel fegato
- Più alti livelli di grasso nelle gambe
- Alti livelli di fitness cardiorespiratoria
Qui sorge un problema: è stato osservato come la MHO sia uno stato transitorio (con alta prevalenza per le donne in premenopausa) e che con l’invecchiamento (ma anche durante le fasi della vita) si assiste a una transizione verso l’obesità patologica (MUO), il che comporta chiedersi se sia o meno il caso di trattarla clinicamente.
Due punti sono chiari:
- la MHO comporta un minor rischio per la salute rispetto alla MUO, ma il rischio è sempre e comunque più alto rispetto ai soggetti normopeso o solo lievemente sovrappeso.
- Le persone con MHO probabilmente hanno maggiori benefici in un trattamento precoce rispetto a chi ha la sfortuna di essere in una situazione di MUO, proprio perchè possono essere trattati preventivamente quando la loro condizione non si è aggravata.
In conclusione, per quanto esista una obesità più o meno grave, è sempre un rischio per la salute. La modifica dello stile di vita è sempre auspicabile. I metodi per raggiungere questo obiettivo (qualora lo si voglia) possono essere diversi. L’informazione però è fondamentale. Una volta che la persona è informata, sceglie.
Ma senza informazione non c’è libertà.
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Riferimenti
https://www.thelancet.com/journals/landia/article/PIIS2213-8587(13)70062-7/fulltext
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7098708/#CIT0010
2 risposte su “La sana obesità”
Grazie Gabriele, per avere dedicato a questo tema del tempo sul blog nonstante quello che è successo con il post su IG – post che condivido e che mi ha fatto pensare ab inverso, correggimi se dico una fesseria: perché c’è tutto un “movimento sociale” che ritiene razzista, qualora una persona obesa di rivolgesse a un nutrizionista, proporle un regime alimentare per perdere peso mentre (forse gli stessi appartenenti al movimento?) sostiene e appoggia un regime alimentare per *prenderlo* ad una persona sottopeso?
Perché in questo movimenti la scienza non è di casa
Grazie ☺️