Estate 991. Maldon, Essex.
E’ qui che gli inglesi, capitanati dal vecchio Beorhtnoth figlio di Beorhthelm combatterono una battaglia contro un esercito vichingo invasore, narrata in un poema giunto in parte fino a noi, conosciuto come La Battaglia di Maldon.
I vichinghi avrebbero potuto essere fermati abbastanza facilmente perchè un ponte rallentava il loro passaggio rendendolo difficile da forzare.
Decisero così di chiedere al conte Beorhtnoth di poter attraversare il guado per poter combattere in campo aperto.
Beorhtnoth accettò la sfida.
Fu così che lui stesso venne ucciso, i suoi cavalieri e la sua famiglia furono massacrati e tutti caddero accanto al loro signore.
Poco si dice delle motivazioni per cui il conte lasciò passare i vichinghi. Nel poema originale viene scritto: “Allora il conte nel suo orgoglio iniziò a cedere troppo terreno all’odioso popolo.”
Il termine originale per “orgoglio” è Ofermod che può essere tradotto come “troppo coraggio”. Ma anche “eccessiva arroganza”.
J.R.R. Tolkien scrisse un componimento basato su questa battaglia e tradusse Ofermod come “soverchiante superbia” dandone una accezione diabolica, un prodotto della tradizione eroica nordica così come viene concepita nella poesia anglosassone.
Secondo Tolkien, Beorhtnoth era pronto a morire e a ricevere la “bella morte”, tale da poter essere ricordata nei canti dei menestrelli. La morte per la gloria.
“Ahimè, caro amico, ne ha colpa il signore,
[…]
Li fece passare, a tanto si spinse
pur di dar materia per canti possenti.
Fu nobiltà vana […].”
Beorhtnoth però era anche pronto a sacrificare la vita di coloro di cui aveva la responsabilità, ma non ne aveva il diritto.
Questa interpretazione tolkeniana deriva dal suo essere profondamente cristiano: la morte per un cristiano è una possibilità da non cercare soprattutto se a morire sono i deboli, coloro che dovrebbero essere protetti.
La posizione di Tolkien deriva dalla sua storia personale: combatté la Battaglia della Somme in cui vide morire tutti i suoi amici, la peggior carneficina della storia umana (nel primo giorno morirono 20.000 persone).
“Amaro sa il ferro, e il morso di spada
è freddo e crudele se al punto si arriva.
Ti aiuti Dio allora, se il canto non basta!
Infranto lo scudo, tra morte e vergogna
è dura la scelta.”
Lo stesso argomento appare nel Silmarillion
Quando Fëanor, dopo la distruzione dei due Alberi di Valinor da parte di Melkor e Ungoliant, si rifiutò di donare i Silmaril che aveva lui stesso creato attingendo alla loro Luce e che avrebbero potuto far rinascere lo splendore di Telperion e Laurelin, compì un atto di possessivitá e arroganza che portò alla Caduta degli elfi e alla maledizione delle loro stirpi nei secoli successivi.
Avrebbe potuto rispondere al Male con un gesto di rinuncia, ma la cupidigia e la “soverchiante superbia” glielo impedirono.
Arrendersi sarebbe stato difficile, ma sarebbe stato giusto per evitare mali peggiori, fratricidi e morte.
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Così, la grande tenebra piombò su Valinor. Dei fatti di quel giorno molto si narra nell’Aldudénië, composto da Elemmìrë dei Vanyar e noto a tutti gli Eldar. Ma nessun canto né narrazione potrebbe capire in sé tutto il dolore e il terrore che ne discesero. La Luce mancò; ma la Tenebra che le fece seguito fu ben più che la sua perdita. In quell’ora si formò infatti una Tenebra che sembrava, non già mancanza, bensì una cosa dotata di vita propria, prodotta in verità com’era, malvagiamente, mediante la Luce, e aveva il potere di trafiggere l’occhio e di penetrare cuore e mente e di soffocare la volontà stessa”
Il Silmarillion, cap. VIII, “L’Ottenebramento di Valinor”.
3 risposte su “Ofermod”
Niente, è in modalità Terra di Mezzo.
e non va bene?
Che bello ritrovarti su questi lidi, cercavo riferimenti alla “soverchiante superbia” spinto da un video di Paolo Nardi e ho trovato questo. Mi spiace aver lasciato instagram perché mi piaceva leggere i tuoi post