Categorie
Agricoltura Alimentazione e salute

Cambiamenti

Secondo il nuovo rapporto IPCC (2023), per limitare l’incremento delle temperature globali a +1,5°C rispetto all’era pre-industriale dovremmo:

  1. Investire sulla produzione di energie rinnovabili e dal nucleare
  2. Smettere di produrre energia da fonti fossili
  3. Rendere più efficienti le nostre case e elettrificare i trasporti
  4. Cercare di assorbire CO2 con impianti mirati e con la riforestazione
  5. Migliorare l’agricoltura e cominciare a mangiare meglio

Mangiare meglio: che vuol dire?


Da qui al 2050 abbiamo un tetto di emissioni, un budget, da non sforare: circa 440 Gigatonnelate di CO2 equivalenti (Gt CO2e) per stare dentro 1,5°C di incremento.

Attualmente la produzione globale di cibo emette circa 13,7 Gt CO2e/anno (il 26% circa delle emissioni totali annue)
Se tutto il mondo eliminasse “solo” la carne bovina/ovina dalla dieta (mantenendo la produzione di latticini) si risparmierebbero 7,1 Gt CO2e all’anno (in parte per la riduzione effettiva di emissioni, in parte per il sequestro di CO2 dalla atmosfera dovuto alla ricrescita delle piante dove non ci sarebbero più allevamenti).


Se aggiungessimo (cioè togliessimo dalla dieta) anche i latticini (lasciando carni suine e pollame) il risparmio sarebbe di 12,3 Gt CO2e/anno


Eliminando tutte le carni e latticini, ma lasciando uova e pesce: -13,6 Gt CO2e/anno (chiamiamolo modello mediterraneo ristretto)


Passando a una dieta vegana: -14,7Gt CO2e/anno


È palese come gli ultimi due punti siano molto vicini e che il modello mediterraneo ristretto sia però notevolmente più sostenibile e attuabile perchè non tutto il mondo può diventare vegano.


Mangiando mediterraneo, da qui al 2050 potremmo risparmiare circa 332 Gt CO2e, che è il 75% del nostro budget totale (440 Gt CO2e).


Quindi se agissimo SOLO sul cambio della produzione alimentare e sulle nostre diete SENZA cambiare anche il modo con cui produciamo energia e la consumiamo (tutto il settore industriale, i viaggi, le auto, la gestione demografica, gli edifici, ecc.) questo ci permetterebbe di guadagnare tempo (una decina di anni), pur non risolvendo totalmente il problema. Ovviamente dobbiamo anche investire sugli altri punti elencato all’inizio.


Ma in pratica?
In pratica il modello mediterraneo si basa su alimenti semplici: cereali integrali, frutta, verdura, legumi, frutta secca, pesce (3 porzioni da 150g a settimana: ottimi per l’ambiente i bivalvi come cozze e vongole), uova (2-4 a settimana). Fine.


Lo spazio per alimenti processati deve essere molto risicato: niente (o quasi) prodotti pronti, confezionati, in scatola (anche quelli “veg” ovviamente), dolci, alcolici e, come abbiamo visto, abolizione completa di carni rosse e salumi.


Aggiungo che non abbiamo bisogno di novel food (perlomeno qui da noi): insetti, carne sintetica, carne vegetale e affini. A che servono se non per il profitto di chi le vende?


Il cibo c’è. Fin troppo. E quindi lo spreco sono anche le calorie in più che ci portano ad ingrassare oltre a quelle buttate nella spazzatura. Vanno ridotte entrambe.


La dieta EAT-Lancet è un buon esempio di come dovremmo nutrirci, per il bene nostro e dell’ambiente.

Ad ulteriore conferma, c’è questo succinto libretto che delinea la posizione congiunta di FAO e OMS sulle diete “sane”, che si adegua a quanto detto finora: le diete a base vegetale, bilanciate, equilibrate e varie sono le migliori per l’essere umano e anche per l’ambiente.

https://tinyurl.com/27vtpocs

La dieta planetaria (aggiornamento 2025)

Cosa e come dovremmo mangiare lo sappiamo da ameno 70 anni, ma non ci entra in testa.

Ora la Commissione EAT-Lancet su sistemi alimentari sani, sostenibili e giusti ha prodotto un nuovo corposissimo documento che aggiorna le politiche e gli interventi che dovremmo adottare per migliorare la nostra salute, quella del pianeta e ridurre le diseguaglianze sociali.

Mi limito al primo aspetto, di mia competenza, per ribadire le solite cose.

La dieta della salute planetaria (PHD) definita dalla Commissione riduce mortalità e malattie croniche con prove solide.

La PHD è un modello prevalentemente vegetale, flessibile e culturalmente adattabile che privilegia cereali integrali, verdura, frutta, legumi e frutta a guscio, con quote moderate di alimenti animali (latticini, pesce, pollame, poche uova) e minima carne rossa. Limita zuccheri liberi, grassi saturi e sodio; favorisce oli vegetali insaturi.

L’adozione ampia della PHD potrebbe evitare circa 15 milioni di morti/anno (27% dei decessi globali), con riduzioni nette di diabete tipo 2, malattie cardiovascolari, alcuni tumori e demenza; anche miglioramenti parziali stimano 7 milioni di morti evitate.

Le evidenze combinano grandi coorti con follow‑up ripetuto e studi randomizzati su fattori intermedi: più frutta/verdura abbassa pressione e mortalità; cereali integrali migliorano profilo lipidico e riducono rischio cardiometabolico; noci/legumi migliorano lipidi e riducono rischio CVD/diabete; olio d’oliva/vegetali insaturi riducono LDL e mortalità.

Al contrario, carne rossa (specie lavorata) aumenta rischio di diabete, CVD e alcuni tumori; bevande zuccherate/zuccheri alzano rischio cardiometabolico; cibi ultra‑processati sono associati a molteplici esiti avversi.

Il pesce (≈30 g/d) apporta omega‑3 con beneficio cardiovascolare non lineare; le uova hanno effetti neutri nella popolazione generale; i latticini in quantità moderate hanno profilo di rischio intermedio.

Sul piano nutrizionale, la PHD copre i fabbisogni nella maggior parte dei contesti, con attenzione a vitamina B12, calcio, ferro e iodio (da ottimizzare via scelte alimentari tradizionali, fortificazione o integrazione mirata nei gruppi a rischio).

Macro‑rapporto indicativo: circa 14% energia da proteine (sufficienti anche da fonti vegetali), 53% carboidrati, 35% grassi.

Indicazioni per fasi della vita: in gravidanza consigliata supplementazione ferro/folati (e, se necessario, altri micronutrienti); nei bambini 6–24 mesi sono cruciali alimenti ricchi di B12, ferro e zinco (pesce, uova, latticini in piccole porzioni; alternative/fortificazioni se l’apporto animale è basso). In generale, preferire alimenti minimamente trasformati.

Se ci fate caso è l’opposto della narrazione proteico/carnivora in cui sguazziamo e di cui sono pieni i social.

Non elenco i benefici ambientali della PHD per non dilungarmi.

La immagine seguente mostra, zona per zona del mondo, di quanto sforiamo le raccomandazioni della PHD (linea tratteggiata verticale).

Non c’è un paese che mangi come dovrebbe, solo gli asiatici si avvicinano (e gli africani che però fanno la fame) confermando che la vecchia cara dieta mediterranea andrebbe rinominata in “dieta Pacifica”, che se vogliamo sarebbe pure di buon auspicio per tutti.

https://tinyurl.com/2cqxlqcm

Condividi...

Di Dott. Gabriele Bernardini

Biologo, nutrizionista, toscano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.