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Il pericolo che viene dal ferro

Siamo scimmie che bruciano piano piano.

Il responsabile di questo incendio è l’ossigeno, così stramaledettamente abbondante nella nostra atmosfera (addirittura il 21%!). Quando qualcosa brucia (un pezzo di legno per esempio, che chiamiamo combustibile) viene ossidata in maniera incontrollata dall’ossigeno (il comburente) il quale, cioè, le strappa elettroni (e si riduce) durante il processo che avviene producendo una fiamma visibile o una esplosione. La vita sulla Terra, in miliardi di anni, ha imparato a controllare questa combustione in maniera sofisticata e complessa per far durare questa fiammella invisibile anche centinaia di anni all’interno di un organismo vivente.

Come? in due parole, i combustibili della vita, i carboidrati, i grassi e le proteine presenti nei cibi che mangiamo, contengono energia “compressa” sotto forma di legami chimici la quale viene estratta attraverso un intricato meccanismo di passaggi enzimatici che avvengono nel nostro corpo e nelle nostre cellule. Le molecole che risultano dalla digestione e assorbimento dei nutrienti percorrono una catena di trasporto e donano elettroni (sotto forma di idrogeno) ad altre molecole fino ad incontrare l’ossigeno che abbiamo respirato e che ha viaggiato nel sangue verso tutti gli organi e i tessuti. E’ qui, da questo incontro, che quel che è rimasto del nostro pranzo si ossida più o meno completamente, mentre al contempo l’ossigeno si riduce ad acqua con produzione di molecole di ATP contenenti parte dell’energia presente nei nutrienti iniziali. L’ATP è come una piccola riserva di “forza lavoro” che può essere spesa per tutte le nostre esigenze energetiche.

Tutto questo di norma avviene in “modalità sicura”. L’enzima finale (si chiama citocromo-ossidasi), quello che ha il compito di mettere gli elettroni sull’ossigeno e ridurlo, fa in modo che le specie che stanno reagendo non vengano a contatto con l’ambiente circostante, ma in qualche caso, quando per esempio c’è molto traffico e la capacità della citocromo-ossidasi si satura, alcune specie più o meno reattive (parzialmente ridotte) possono “sgocciolare” fuori.

In effetti il traffico aumenta all’aumentare delle calorie introdotte: fondamentalmente più mangiamo, maggiore è la probabilità che qualcosa vada storto e dall’altra lato della catena, più l’attività fisica è intensa (cioè più ossigeno arriva) più specie chimiche poco simpatiche possono prodursi. Sono questi i radicali liberi dell’ossigeno (ROS).

Il primo ROS che può prodursi quando l’ossigeno si riduce parzialmente si chiama radicale superossido. E’ una specie abbastanza longeva (vive da qualche microsecondo a qualche millisecondo); se acquisisce un altro elettrone si forma il perossido (che non è un radicale) e che in ambiente biologico diventa perossido di idrogeno (cioè l’acqua ossigenata); infine se il perossido si riduce ancora ecco che spunta fuori il radicale ossidrile, il più cattivo perchè ha una vita brevissima (nanosecondi) ed è in grado di “mangiarsi”, ossidandola, qualsiasi cosa incontri sul suo cammino, che sia una proteina o un grasso (perossidazione lipidica) o (peggio) il DNA aumentando il rischio tumorale e cardiovascolare.

I ROS (come ho già spiegato qui: https://www.gabrielebernardini.it/storia-della-dieta-mediterranea-e-del-nostro-cuore-le-tre-ipotesi/) hanno la loro controparte buona negli antiossidanti endogeni come la superossido-dismutasi che neutralizza il radicale superossido (gli antiossidanti contenuti nei cibi invece non si sono rivelati così importanti se non in un caso, che vedremo tra poco). Poche armi invece abbiamo evoluto per combattere il radicale ossidrile che ha una elevatissima reattività, ma per fortuna non si forma facilmente.

Esiste però una situazione in cui questo pericoloso nemico potrebbe prodursi, ed è nel lume intestinale (quindi non dentro le cellule) nel caso ci sia presenza di ferro “animale” (cioè nella cosiddetta forma “eme”; i vegetali posseggono soprattutto la forma “non-eme”, lo ione ferrico, meno assorbibile, che non è coinvolta in questo processo).

Nello stomaco, durante la digestione di alimenti ricchi di questo metallo (come le carni rosse o peggio quelle trasformate), il ferro eme (e la componente ferrosa del non-eme) viene liberato e in parte assorbito, ma in parte rimane in giro e qui, a contatto con ossigeno e qualche perossido presenti (per esempio i lipoperossidi che si formano dai grassi nella carne cotta alla griglia o nella frittura), potrebbe unirsi in una reazione, detta di Fenton, in cui si produce il temibile radicale ossidrile. E’ in questo luogo (che in fondo è ancora “esterno” a noi) che sarebbe utile ci fosse qualche antiossidante alimentare che potrebbe intrappolare il ferro, ma anche disinnescare il radicale ossidrile. Ed ecco che la frutta a fine pasto può essere molto utile, alla faccia di chi non vuole farcela mangiare.

Per concludere:

  1. E’ fondamentale incrementare il consumo di frutta e verdura, che ci proteggono NON perchè contengano antiossidanti. Gli antiossidanti dei vegetali proteggono i vegetali, noi abbiamo i nostri che proteggono noi, internamente, annullando eventuali ROS che si formano durante il processo respiratorio. Frutta e verdura servono perchè fanno in modo che noi introduciamo MENO OSSIDANTI (per esempio meno ferro con le carni) e quindi riduciamo la possibilità di formazione di ROS molto pericolosi.
  2. Mangiare meno e fare attività fisica (non troppo pesante) da una parte riduce il rischio di “sgocciolamento” di ROS, dall’altra (se l’attività è poco intensa) induce una maggior produzione di superossido-dismutasi che ci fortifica quando l’attività fisica è terminata.
  3. Gli antiossidanti dei cibi possono essere utili quando sono ancora fuori di noi (e cioè nel lume intestinale) e ci capita di mangiare carne, ma questo è (quasi) l’unico caso (perchè ci potrebbero essere altri frangenti in cui possono svolgere il loro compito, ma questa è un’altra storia).

Mangiate meno, muovetevi adeguatamente e siate quasi vegetariani.

p.s. Attenzione! il ferro quando serve, serve: sia troppo poco ferro (tale da averne carenza nelle cellule) sia troppo ferro sono dannosi. La giusta via di mezzo apporta i suoi benefici.

Riferimenti

https://link.springer.com/article/10.1007/s11883-012-0282-8

https://cancerpreventionresearch.aacrjournals.org/content/4/2/177.full-text.pdf

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0304416508001001

https://www.statsarecool.com/data/uploads/journal-articles/who_declares_reds_meat_carcinogeniclancet_oct_2015.pdf

https://link.springer.com/article/10.1007/s00125-009-1481-x

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Di Dott. Gabriele Bernardini

Biologo, nutrizionista, toscano

2 risposte su “Il pericolo che viene dal ferro”

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