Nel mondo, solo il 35% delle persone digerisce il lattosio. C’è una notevole variabilità geografica, ma diciamo che la media è questa.
In Italia la percentuale cresce, ma non è questo il punto.
Il punto è che essere “maldigestori” di lattosio (anche certificati da test idoneo) non significa essere intolleranti sintomatici al lattosio.
Chi non ha la lattasi, cioè l’enzima che digerisce il lattosio (e lo divide in glucosio e galattosio), comunque, quasi sempre, non ha sintomi legati a questa mancanza.
Perlomeno entro certi limiti, che corrispondono a circa 12g di lattosio equivalenti a una tazza da 250g di latte in una botta sola. Tanta roba.
Questo è chiaramente dimostrato da studi come questo: https://v.gd/0GNcX9, una metanalisi che dimostra come, somministrando latte oppure latte delattosato SENZA che le persone (che lamentano vari sintomi gastrointestinali e sono tutte carenti di lattasi al test del respiro) sappiano cosa stanno assumendo, non ci siano differenze nella sintomatologia.
Perciò i loro sintomi derivano da altro, ma loro li attribuiscono al latte.
Fra l’altro, non sapendo esattamente che sintomi dà la intolleranza al lattosio, gliene attribuiscono anche alcuni che non c’entrano niente, come il reflusso e la “pesantezza” digestiva.
Gli autori concludono: “Questi risultati indicano che la gravità dei sintomi gastrointestinali riportati dai maldigestori di lattosio non era diversa dopo aver consumato una quantità di lattosio equivalente a una tazza di latte (~ 12 g di lattosio) o aver ricevuto un placebo in condizioni mascherate”.
Fare il test del respiro non dimostra nulla e non “prescrive” dì abolire il latte e gli altri latticini nella dieta e chi ha alcuni problemi gastrointestinali non deve necessariamente pensare che sia il lattosio, anche se il test è positivo. Perché per star male mangiando lattosio bisogna mangiarne tanto.
Altri studi (https://v.gd/OI6Ucy) mostrano come persone che magari sono state male una volta, dopo la assunzione di grandi quantità di lattosio, poi si autoconvincono che anche piccole quantità diano loro problemi e lo eliminano dalla dieta e hanno paura di assumerlo anche nel caffè macchiato o come eccipiente nei farmaci.
Gli autori considerano che “Tale evitamento del latte è probabilmente uno dei principali ostacoli all’ottenimento di un adeguato apporto di calcio nella dieta degli Stati Uniti”.
Consumare o meno latte e latticini è una scelta (spesso etica) che però non dovrebbe poggiare la basi su considerazioni non suffragate dalla evidenza scientifica.
A volte però non è il lattosio, ma il latte (però non è neppure allergia). C’entra l’intestino irritabile (IBS).
Il latte (assieme a tanti altri alimenti) spesso crea problemi in chi soffre di intestino irritabile e questi problemi sono significativamente maggiori in queste persone rispetto alle persone sane.
Però, e questo è interessante, la “cattiva digestione del lattosio” NON è più frequente in coloro che soffrono di intestino irritabile rispetto ai sani.
Cioè moltissime persone non digeriscono il lattosio, ma non per questo hanno sintomi.
Chi ha IBS, non digerisce il lattosio come moltissime persone sane che i sintomi non li hanno, ma ha sintomi col latte (senza essere allergico), ma non si sa perchè.
Sono i sintomi tipici dell’IBS legati anche alla ingestione di altri alimenti e le ipotesi riguardano cause psicologiche (ad esempio ansia) e gastrointestinali (ad esempio ipersensibilità viscerale e alterato transito intestinale con produzione di gas).
A loro volta questi fattori potrebbero essere legati ad alterazioni del microbiota.
Il microbiota intestinale dei pazienti con IBS è generalmente ridotto e ha una minore diversità, rispetto ai soggetti sani.
È tutto molto complicato e interconnesso a dimostrazione che non sia sempre e soltanto il lattosio il problema.