I legumi sono semi
La carota è una radice
Il broccolo è un fiore
I chicchi di grano sono frutti
Gli asparagi sono fusti
La cicoria, foglie.
Tutto questo non è cibo PER noi (ci crediamo sempre al centro dell’universo).
Però noi lo abbiamo sfruttato e usato come cibo (così come hanno fatto altri esseri viventi) e poi selezionato e migliorato (questo, solo noi).
Quindi dire che il latte non è un cibo che la “natura” ha creato per la nostra specie, è una cavolata.
È vero, ma questo vale per tutto. E non vuol dire che faccia male o che sia inadatto, perché si potrebbe dire lo stesso di una arancia o di una nocciola. Non sono “adatte” a noi. Abbiamo fatto in modo che fossero adatte o semplicemente le abbiamo mangiate e andavano bene…
E fra l’altro il latte “nasce” (si è evoluto) proprio come alimento. Il resto no (a parte la frutta).
Ma gli animali usano i prodotti della natura come cibo. E pure noi. E abbiamo imparato a usare il latte come qualsiasi altro cibo.
Il fatto che gli animali smettano di berlo da adulti e solo questione di opportunità. Non lo trovano in natura perché non nasce sugli alberi. Ma provate a dar del latte a qualsiasi animale adulto e vedrete come se lo beve.
Siamo gli unici a bere anche la bevanda di soia, no?
Usare ragionamenti stupidi come quelli che si usano per il latte, non giova alla causa animalista.
Ci sono ben altri argomenti da utilizzare, a mio parere. Più seri, che riguardano lo sfruttamento e il dolore.
Per l’uomo antico la caccia e l’uccisione degli animali era strettamente connessa alla magia.
Abbiamo esempi in culture di tutto il mondo, come per esempio i popoli artici, in cui questo rispetto e questo timore reverenziale per gli animali vive ancora: in questi luoghi (e un tempo) era l’animale il custode del segreto della natura. Per l’essere umano dietro la preda c’erano forze soprannaturali e un equilibrio che il cacciatore aveva paura di incrinare.
Egli sapeva di poter smuovere potenze misteriose che dominavano i boschi, le praterie e i ghiacci perenni.
Egli percepiva il timore di dover uccidere un essere superiore.
Era l’uomo, inerme, che si batteva per avere cibo per sé e la sua comunità e si confrontava con esseri più potenti di lui.
L’animale si donava al cacciatore. E il cacciatore ringraziava.
Il cacciatore poi giustificava la morte della sua preda e non si faceva beffe di lei.
C’erano preghiere, riti, tabù alimentari, formule magiche per ripristinare l’equilibrio con la Terra.
Oggi gioiamo per la morte degli animali.
Ci vantiamo della nostra superiorità, li consideriamo come fossero bersagli, cose, allenamenti sportivi, merce, festini.
Ci cibiamo delle loro carni, mangiamo le loro uova e beviamo il loro latte.
E non ringraziamo mai per questo dono.
Non ringraziamo più.
Per questo non comprendo le prese in giro verso chi, mutatis mutandis, tenta di riappropriarsi di una connessione e un rispetto verso queste creature, a volte in modo naif, si. A volte in modo poco coerente. Ma ci prova.
Certo, oggi forse manca tutta la poesia e la profondità che apparteneva all’uomo antico, ma trovo che questo non faccia male a nessuno.
Trovo molto più becero chi si vanta della grigliata e della costata da 700g che ha mangiato il giorno prima. Chi parla solo di “produzione” alimentare, di numeri, tagli e misure.
Oggi mangiare carne e bere latte è nutrirsi delle sofferenze di altri esseri viventi.
Per come è organizzato il nostro sistema globale di sostentamento alimentare e a causa del nostro enorme numero su questo pianeta, oggi è così.
Non vogliamo, non possiamo smettere?
Beh pensiamoci, almeno. Almeno ringraziamo.
E facciamo silenzio.
Una risposta su “Ringraziare”
Ha dato voce ai miei pensieri, la penso esattamente come lei, mi infastidisce sentire chi dopo un gran mangiata di carne ne parla come se fosse una cosa di cui vantarsi, nn curanti della sofferenza che ha provocato quel solo pezzo di carne oggetto del loro vanto, io ho deciso di nn mangiare carne da adulta , con consapevolezza e con coscienza, nn sarò più causa di sofferenza per il mio puro nutrimento e piacere.