In inglese esistono due espressioni per la parola sazietà: satiety e satiation.
Potremmo tradurli con “sazietà” e “appagamento”.
L’appagamento è quella cosa che fa dire “come sono pieno adesso basta”.
L’appagamento è “intra-pasto” e viene fornito da tutto ciò che fa volume, riempie e distende le pareti gastriche: acqua, frutta, verdura, legumi, cereali (sopratutto integrali e idratati) appagano.
E questo è INDIPENDENTE dal “nome” o dalla “fama” dell’alimento perchè dipende dai NUTRIENTI. Un alimento ricco di fibre e acqua riempie e appaga, SIA che si chiami mela SIA che si chiami porridge (a parità di fibra e acqua)
La sazietà vera e propria è “inter-pasto”. Cibi ricchi di proteine e grassi saziano, ma alla lunga. Permettono cioè di avere meno fame TRA un pasto e l’altro. Perché impegnano maggiormente la digestione, la allungano e fanno sentire meno fame permettendo di arrivare al pasto successivo meno propensi a mangiare un bufalo.
(Tutto ciò ovviamente al netto degli aspetti psicologici della questione che possono ribaltare qualunque regola fisiologica. Lo sappiamo tutti che c’è sempre posto per il dolce anche quando siamo pieni no?).
La frutta secca per esempio è costituita da grassi e proteine e fibre e quindi sazia, non appaga perchè è anche povera di acqua nonostante contenga fibre. Fra l’altro ha un costo calorico enorme o meglio, una Densità Energetica elevata.
La DE è definita come la quantità di energia di un alimento o bevanda per unità di peso (Kcal/g) e varia da 0 a 9. Gli studi sono sufficientemente concordi nel dire che una dieta con bassa DE si associa ad un peso corporeo inferiore e pertanto a livello di raccomandazioni per la popolazione viene suggerito di consumare cibi (e/o preparare pasti e impostare un dieta) a bassa DE per fornire più sazietà con poche calorie.
Alimenti con bassa DE sono generalmente collegati alla loro quantità di acqua, ma le semplici bevande (come quelle zuccherate) non forniscono adeguata sazietà probabilmente perchè non viene percepito il loro contenuto calorico a meno che non contengano proteine e grassi (come il latte)
Perciò in pratica bisogna cercare di inserire cibi con bassa DE (frutta, verdura, zuppe, minestroni, alimenti ricchi in fibra) nella dieta al posto di altri cibi con alta DE (dolci, grassi, preparazioni complesse)

Un soggetto che mangia 1200g di cibo con una DE di 1,8Kcal/g e riduce di solo 0,1Kcal/g la sua DE, riesce a “guadagnare” circa 120Kcal al giorno (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/19303887/).

Tutto ciò dimostra semplicemente il fatto che, SE due pasti posseggono le stesse caratteristiche nutrizionali, allora sono lo stesso pasto a livello di sazietà.
Perchè la sazietà dipende dalle componenti di quel pasto e non da fantomatiche e misteriose proprietà matafisiche del cibo in questione.
E’ un po’ come dire che lo zucchero d’uva è più naturale dello zucchero bianco nelle bustine: è una scemenza perchè lo zucchero è zucchero ed è fatto degli stessi atomi di carbonio e idrogeno SIA che venga dall’uva SIA che venga dalla canna o dalla barbabietola.
Il problema è la narrazione che abbiamo subìto e che ci condiziona: ci sentiamo dire che l’avena ha magiche proprietà e alla fine ci crediamo.
Tutto lì. Ma l’avena e il porridge non hanno nulla di speciale (https://www.gabrielebernardini.it/il-porridge-non-ha-niente-di-speciale/)
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L’importanza di masticare, poi, è stata valutata da studi come questi
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0195666317315854?via%3Dihub

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0031938415300317?via%3Dihub

Addendum:
L’aspettativa della sazietà è essa stessa sazietà? Può essere.
Molte persone, messe di fronte a due pasti con le MEDESIME, oggettive, caratteristiche nutrizionali (stessa quantità di acqua, fibre, proteine, grassi e carboidrati), insistono nel dire che uno sazia più dell’altro solo perchè uno è fatto di alimenti “raccontati” come sazianti (in genere il solito maledetto porridge).
Ebbene, l’aspettativa che un cibo sia saziante può effettivamente indurre una maggiore sensazione di sazietà, grazie all’effetto placebo, che può influenzare la percezione della fame e della pienezza.
Se una persona *crede* (perchè gli è stato raccontato così) che un alimento sia particolarmente saziante, il cervello può anticipare una riduzione della fame, modulando la produzione di ormoni legati all’appetito, come la grelina (che stimola l’appetito) e la leptina (che segnala la sazietà).
La percezione di porzioni abbondanti, consistenze dense o alimenti ricchi (anche se non realmente calorici) può rafforzare l’idea di sazietà. Ad esempio, l’orrida pappetta chiamata porridge può *sembrare* più saziante di un altro pasto costruito in modo visivamente più…modesto (ma identico in tutto e per tutto).
Studi di neuroimaging hanno dimostrato che le aspettative positive sugli alimenti possono attivare aree del cervello associate alla ricompensa e alla regolazione dell’appetito, come il sistema limbico.
Anche le esperienze precedenti (che diventano familiari) influenzano le aspettative future. Ad esempio, essersi saziati con un alimento particolare in passato, può aumentare la sazietà attesa durante consumi futuri, dimostrando che l’associazione tra nutrienti e caratteristiche sensoriali è un processo appreso.
Insomma il contesto psicologico e le aspettative legate a un alimento influenzano significativamente la percezione di sazietà, mostrando quanto la mente e il corpo siano interconnessi nel comportamento alimentare.
Imparare queste cose può aiutare a non essere selettivi e a non spaventarsi di fronte a cibi nuovi con la stessa potenzialità di saziare di altri.
Mangiare SOLO con l’idea di saziarsi e rinunciando al piacere di mangiare…fa perdere attimi di felicità.
4 risposte su “Sazietà e appagamento”
Ho una domanda importantissima per me e conto su un tuo caro aiuto. È normale pochissima fame dopo deficit prolungato? Lo stress mi ha portata pesare 44.5 kg per 153 cm (età 19), ma ora che sto bene ho deciso di sforzarmi e aumentare le porzioni per mantenere il peso. Il problema è che quel pochissimo che introduco sembra tanto per il mio stomaco, nonostante (non faccio mai conti ma stavolta ho dovuto, sempre con i tuoi articoli) dovrei assumere ALMENO 1600 (ho un laf bassissimo, studio sempre) dopo che ne assumevo 1300, ma se tipo arrivo a 1400-1500 mi sento come se fossi arrivata già in normocalorica, faccio fatica a fare colazione nonostante cene non abbondanti, per esempio, quando prima era il contrario. Forse mangiavo così poco che arrivare affamata ai pasti era normale? Non mi spiego. Ti prego, fai un pò luce in questa selva. Grazie.
È possibile che il problema sia di natura psicologica e forse dovresti chiedere aiuto a un professionista in tal senso. Non devi contare calorie, devi mangiare senza questi pensieri sul cibo. Il tuo peso va ancora bene ma non devi calare di più.
innanzitutto GRAZIE, come sempre, delle tue risposte, visto che è difficile trovare esperti del web disponibili. Aggiornamento: siccome, come ti ho detto, da oltre un mese ho aumentato le quantità pur non arrivando al mio fabbisogno stimato per mancanza di fame, ho controllato il mio peso per vedere se non fossi scesa ed è rimasto invariato. Ora, il mio non riuscire ad arrivare alle 1600 kcal + il peso stabile potrà essere dovuto al fatto che me ne servano di meno per sostenermi e cge devo continuare in questo modo senza preoccuparmi? (considerando età, altezza ecc.)
Se è rimasto invariato vuol dire che quel che mangi pareggia il tuo movimento. Quindi va bene così.