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Disturbi metabolici sistemici

Documento di consenso EAS (European Atherosclerosis Society) su disturbi metabolici sistemici (SMD)

Contesto: L’obesità è in forte crescita e si associa a un insieme di alterazioni metaboliche che coinvolgono più organi (cuore, fegato, reni). La European Atherosclerosis Society (EAS) propone un sistema di stadiazione clinica per guidare diagnosi e trattamento.

Che cosa sono i disturbi metabolici sistemici (SMD)?

Sono problemi di metabolismo che, partendo dall’eccesso di grasso (soprattutto nella pancia), colpiscono più organi: cuore, fegato, reni.

Il meccanismo chiave è l’insulino‑resistenza: il corpo risponde peggio all’insulina, il pancreas deve produrne di più, e nel tempo questo altera zuccheri, grassi, pressione e infiammazione.

Perché succedono?

Quando mangiamo più di quanto consumiamo, il grasso aumenta. Il tessuto sottocutaneo (sotto la pelle) ha una capacità limitata; superata questa “capacità”, il grasso si sposta (sgocciola, spillover) in sedi non adatte (fegato, muscoli, cuore, pancreas, reni). Questo è “grasso ectopico” e può danneggiare i tessuti (lipotossicità).

Contano anche genetica ed etnia: alcune persone accumulano più grasso viscerale e rischiano di più ipertensione, diabete e colesterolo “cattivo”. Anche fattori sociali e stile di vita aumentano il rischio.

Le principali manifestazioni

Metabolismo del glucosio: insulino‑resistenza, prediabete, diabete di tipo 2. Anche senza diabete, l’insulino‑resistenza alza il rischio di ipertensione, malattia renale, fegato grasso e malattie delle arterie.

Fegato: MASLD (fegato grasso associato a disturbi metabolici) e MASH (forma infiammatoria con fibrosi).

Pressione: l’obesità e l’iperinsulinemia spingono i reni a trattenere più sale e acqua; si attivano sistemi ormonali (RAAS, simpatico) e la pressione sale. Il grasso intorno ai reni peggiora la situazione.

Lipidi (colesterolo e trigliceridi): tipicamente aumentano i VLDL e i residui dei trigliceridi, le LDL diventano più piccole e “dense” (più pericolose), l’HDL si abbassa. Il numero totale di particelle (apoB) è un indicatore importante del rischio.≤≤

Infiammazione: il grasso viscerale crea uno stato infiammatorio a bassa intensità (hsCRP e citochine alzate) che favorisce l’aterosclerosi.

Cuore: l’obesità aumenta soprattutto il rischio di scompenso cardiaco con frazione di eiezione preservata (HFpEF), spesso senza infarto precedente. Meccanismi: rigidità del cuore, volumi di sangue più alti, infiammazione, ormoni attivati.

Reni: albumina nelle urine (albuminuria) e calo della funzione (eGFR). Obesità e diabete danneggiano il glomerulo; la malattia renale aumenta il rischio cardiovascolare.

Come si classificano questi problemi metabolici (stadiazione in 3 fasi)

Fase 1: alterazioni metaboliche senza danno d’organo. Esempi: sovrappeso/obesità con ipertensione, dislipidemia o fegato grasso; oppure insulino‑resistenza/prediabete.

Fase 2: primi segni di danno d’organo. Esempi: diabete tipo 2, disfunzione diastolica (cuore), MASH/fibrosi, albuminuria o iniziali problemi renali, placche nelle arterie senza eventi.

Fase 3: danno più avanzato. Esempi: scompenso cardiaco (HFpEF) sintomatico, cirrosi, insufficienza renale moderata‑grave, eventi cardiovascolari (infarto, ictus).

Quanto è diffuso il problema e che rischio comporta

In un grande gruppo europeo (UK Biobank): sono in fase 1 circa il 58% (molti con sovrappeso e lipidi alterati), in fase 2 circa 19%.

Rischio di morte nel tempo: Fase 1: +6%, Fase 2: +49% rispetto ai metabolicamente sani.

Come si fa diagnosi pratica

Ve la risparmio

Come si gestisce (cosa fare). Mi limito ad approfondire lo stile di vita. Il documento parla anche di chirurgia e farmaci (da decidere in base ai problemi presenti e alla loro gravità)

L’obiettivo è bloccare la progressione: individuare presto la fase 1, trattare insieme più fattori di rischio (peso, glicemia, lipidi, pressione, infiammazione), monitorare cuore/reni/fegato. La combinazione di stile di vita di qualità, farmaci mirati e, se necessario, chirurgia riduce il rischio di eventi cardiaci, scompenso e insufficienza renale.

Cambiamenti nello stile di vita

Base del trattamento: per ogni fase dei disturbi metabolici sistemici (SMD), la priorità è migliorare la dieta, ridurre le calorie e muoversi di più.

Dieta sana: stile alimentare mediterraneo è la prima scelta: più verdure, cereali integrali poco trasformati, proteine “pulite” (soprattutto vegetali, pesce, frutti di mare, latticini magri), oli vegetali liquidi (riduzione dei “solidi” quindi dei saturi) e frutta. Meno zuccheri aggiunti, sale e bevande zuccherate.

Evitare ultra‑processati: più cibi industriali ricchi di zuccheri, sale e grassi saturi = più rischio di malattie cardiache, sovrappeso/obesità e diabete tipo 2. Le politiche che ne riducono il consumo aiutano la salute pubblica.

Restrizione calorica: con composizione nutrizionale corretta, riduce peso e grasso viscerale, infiammazione e pressione; migliora sensibilità all’insulina, tolleranza al glucosio e metabolismo dei lipidi. La perdita di peso può far regredire il diabete tipo 2 e migliorare fegato grasso e fibrosi.

Digiuno intermittente: non è migliore delle diete a restrizione calorica continua.

Qualità della dieta conta: troppe proteine durante il dimagrimento possono annullare il miglioramento dell’insulino‑resistenza (abbastanza sorprendente, ne riparlerò)

LDL‑colesterolo: riduzioni anche piccole (circa 6–19 mg/dL) con la dieta abbassano il rischio cardiovascolare. La “portfolio diet” (noci, proteine vegetali, fibre viscose, steroli vegetali) è efficace.

Bassi carboidrati: migliorano a 6 mesi ma l’effetto tende a sparire oltre 12 mesi; sotto il 40% di carboidrati, LDL e colesterolo totale possono aumentare. Con lo stesso quantitativo di carboidrati, scegliere basso indice glicemico aiuta (soprattutto nel diabete), anche se l’effetto è piccolo.

Attività fisica: regolare e fondamentale, utile anche senza dimagrire. L’aerobica migliora glucosio e insulina ed è centrale nei programmi di perdita di peso. Aiuta a mantenere il metabolismo (T3, consumo a riposo) e a prevenire recupero di peso e perdita di massa muscolare/osse. Un anno di allenamento di resistenza ad alto volume può ridurre ~40% del grasso viscerale e migliorare nettamente il metabolismo.

Combinare aerobica e forza: protegge muscoli e ossa. Ridurre il tempo seduti è essenziale.

Ritmi circadiani: sonno e orologio biologico influenzano metabolismo; la loro alterazione può peggiorare obesità e insulino‑resistenza.

Conclusioni: mentre sui social si perde tempo a parlare di cose inutili come mangiare la pasta raffreddata o dare la precedenza all’insalata o fare diete carnivore, lo stato dell’arte è un altro. E non c’è spazio per i chetini.

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Di Dott. Gabriele Bernardini

Biologo, nutrizionista, toscano

2 risposte su “Disturbi metabolici sistemici”

Buongiorno Gabriele,
Prima di tutto grazie infinite per la bellissima divulgazione oggettiva della scienza e delle linee guida. Mi sta aiutando tantissimo ad uscire da un DCA ed a mangiare senza troppi schemi inutili.
Una domanda sui formaggi.
Per un fabbisogno di 2000kcal si considera 2 o 3 v/sett? Vedo che a volte indica 2 a volte 3. Forse ho sbagliato io interpretazione e si intende due più eventuale 3’ volta includendo la ricotta, che non è propriamente un formaggio? La porzione di quest’ultima come mai si può aggirare anche a 150g? Immagino per Kcal e grassi..
Pochissimi la distinguono ed indicano tale porzione.
Grazie molte !
Buona giornata.

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